Cassandra
in scena Erica Taffara
riduzione dal testo Cassandra di Christa Wolf
drammaturgia Erica Taffara
luci Gianni Bozza
scenografie Erica Taffara
musiche dall'album Sciamanica di Jennifer Cabrera Fernandez
regia Gianni Bozza
Dare il giusto valore alla vita di ogni individuo, contrapporre alla distruzione e al bisogno di supremazia e di potere una visione pacifica della vita, dare ascolto alla voce femminile, ecco alcuni motivi che fanno della Cassandra di Christa Wolf un personaggio contemporaneo e necessario.
Il personaggio mitico di Cassandra della Wolf, contiene quello che non si trova nei testi classici poiché finalmente una donna racconta la donna: Cassandra possiede un talento profetico, ma non interpreta messaggi divini, lei ‘vede’ nel profondo il futuro perché ha il coraggio di vedere le reali condizioni del presente al di là del vero che il potere impone.
Il talento profetico di Cassandra della versione classica è oscurato dall'attribuzione di malefico, di funesto, di delirante, mentre la Wolf ha acceso una luce su qualcosa che giaceva nel buio, nel silenzio: una donna impara a vedere a dispetto della volontà degli dei e di quella degli uomini.
La regia dello spettacolo ha scelto di sottolineare questi aspetti che emergono dalla scrittura della Wolf dove troviamo una Cassandra che con la sua voce mostra l’assurdità della violenza a tutti i livelli: dalla denuncia di una guerra basata sull’inganno frutto della cecità di entrambi gli schieramenti, al rifiuto della violenza in quanto tale anche di quella perpetrata in risposta alla brutalità maschile. I veri eroi non sono i combattenti, ma Anchise il padre di Enea e le donne che vivono sulle colline in riva allo Scamandro. Enea stesso, pur rappresentante di una possibile forma diversa del maschile, è visto come in parte compromesso nelle dinamiche della guerra poiché è condannato alla ripetizione, in viaggio verso una nuova guerra per la conquista di una nuova terra.
E ancora nello spettacolo si sottolinea la disarmante concretezza del mondo femminile, che individua nei drammatici fatti umani l'esistenza di una terza via: fra uccidere e morire c'è il vivere; Cassandra vorrebbe dare una fine al susseguirsi delle dinamiche di vendetta e onore e dare ai vincitori l'onere di vivere per tutti coloro che hanno ucciso perché la vita continui.
Nello spettacolo Cassandra si racconta con il corpo senza il quale la voce non conoscerebbe il dono profetico. L'attrice si muove in uno spazio delimitato da un telo/filo rosso lavorando con una grossa cesta che diventa la cesta nella quale Cassandra è trasportata sul carro all'arrivo a Micene e tenuta prigioniera, diventa le ginocchia del padre Priamo, e ancora la veste ingombrante di questo personaggio scomodo.
Raccontando sé stessa, svela la storia di una guerra che si poteva evitare ed il suo epilogo, che culmina con l'affermazione definitiva di una cultura patriarcale, sotterrando per un po' di secoli quella cultura matriarcale di cui Cassandra porta oggi la voce.
Quando nella società la voce di uomini e donne avrà uguale peso, cesserà il dirompente tono profetico di Cassandra poiché la sua funzione avrà una svolta, rimarrà solo una testimone della storia. Ma fino ad allora la fiamma del suo mito arderà ancora dentro di noi.